Un itinerario incredibilmente ricco di fascino ma anche divertente per chi ama viaggiare in sella alla propria moto. Nelle terre di Matilde, una grande donna per una grande storia
Pronti a partire per le terre di Matilde
Lasciata alle spalle la Città del Tricolore, siamo pronti ad immergerci in una nuova avventura tra le dolcezze della collina reggiana.
Siamo nel cuore delle terre matildiche, ispirate al ruolo che ebbe per queste zone quello straordinario personaggio che fu Matilde di Canossa, la donna che divenne Viceregina d’Italia e che seppe nella sua Canossa far stringere la mano a un papa e a un imperatore, cambiando così, con la fine della lotta per le investiture, le sorti del mondo.

Prima di immergerci in questa storia e in questo paesaggio ci concediamo una digressione di qualche chilometro nella limitrofa provincia di Parma e commuoverci davanti al fascino del castello di Torrechiara, quintessenza non solo della forza delle armi ma soprattutto della forza dell’amore.
Una magnificenza che, con le sue quattro torri angolari unite da tre cerchia di mura, rapisce il cuore già da lontano mentre si erge, immersa tra il verde dei vitigni, sulla cima di un colle roccioso alle porte della Val Parma.
Dall’estasi dell’arte a quella della gastronomia
Sono poco più di una manciata i km che risalendo il corso del torrente Parma ci separano da Langhirano che alla prelibatezza del proprio prosciutto, simbolo non solo gastronomico della zona, ha dedicato pure un museo.
E’ la qualità unica di quest’aria profumata e asciutta che ora ci avvolge a creare le condizioni climatiche ideali per la stagionatura naturale che darà dolcezza e gusto al Prosciutto di Parma, uno dei prodotti più rappresentativi del made in Italy, tra i più apprezzati e conosciuti al mondo.


Attraversato all’altezza di Langhirano il torrente Parma e godendo della provinciale 98 che con dolci curve ci restituisce tutto il piacere del viaggiare in moto, rientriamo così nel cuore delle terre della nostra eroina, in quella Bibbiano al tempo annoverata tra i possedimenti matildici come aggregata al feudo di Bianello.
Nelle terre di Canossa
Bianello è infatti a poca distanza ed è uno dei quattro fortilizi che si ergevano, uno di fianco all’altro, sulle quattro colline di Monte Vetro, Monte Lucio, Monte Zane e Bianello.
Erano la prima linea difensiva dai pericoli della pianura di un formidabile scacchiere fortificato, vera e propria porta d’accesso al cuore delle terre dei Canossa, o Attoni come si chiamava la potente nobile famiglia feudale di stirpe longobarda che, a partire dai primi decenni del X secolo, si insediò in queste valli dell’Appennino reggiano.
Il comune entro cui arriviamo ancor oggi porta il nome di Quattro Castella, ma delle quattro roccaforti che si ergevano sui colli solo quella di Bianello, la più amata da Matilde, oggi sopravvive nella sua integrità. Qui Matilde risiedeva quasi abitualmente, e fu qui che ospitò Enrico IV penitente, prima dell’incontro del 1077 con papa Gregorio a Canossa.

Lungo la via Matildica
Risaliamo dal piano verso il castello di Bianello seguendo le dolci curve della via Matildica, la SP78, per godere appieno, dall’alto della collina, della sua bellezza, per poi, proseguendo, farci travolgere dal desiderio di giungere nel cuore del nostro viaggio e, dopo poco più di una decina di km, trovarci proprio come Enrico IV ai piedi della fortezza di Canossa.
E’ una giornata di sole splendente quella che ci accoglie mentre le cronache narrano di come il re tedesco, scomunicato dal papa e ansioso di un perdono più che altro necessario a riaffermare la propria autorità, rimase nel gennaio del 1077 per tre giorni da mane a sera inginocchiato, a piedi scalzi, vestito con un saio, il capo cosparso di cenere, di fronte al portale chiuso in attesa del perdono pontificio mentre imperversava la bufera di neve.

Il castello di Canossa e quello di Rosena
Dell’originale possanza del castello ben poco è rimasto, ma nulla ha scalfito il fascino di un luogo così denso di pathos e di storia, entro cui, su una strada di crinale bellissima, ci addentriamo.
Canossa si erge laggiù, imponente sulla rupe d’arenaria aspettandoci, ma già sullo sfondo, sulla linea difensiva intermedia dell’incastellamento delle terre matildiche, ecco comparire il castello di Rossena con, quasi a contraltare, al proprio fianco l’armoniosa torre di Rossenella.

Tra i castelli di Matilde
Canossa alle spalle si prosegue sulla SP54 verso Casina e poi, giù giù fino a Marola e, una manciata di km dopo, alla Svolta.
E’ qui che una digressione si impone verso un’altra delle epiche fortezze matildiche che si erge in alto sul monte Agugliano. E’ una strada dolce quella che ci conduce a Carpineti e, più in alto con qualche bella curva ancora, al suo castello che costituisce, con le sue torri e mura che si fondono nella roccia quasi ne fossero prosecuzione diretta, uno degli elementi fondativi del sistema fortificato degli Attonidi costituendo la terza linea difensiva, quella più elevata, insieme alla vicina Bismantova.

La Pietra di Bismantova
Ed è proprio qui, verso questa pietra che, sedimento sopravvissuto dell’antico mare che si spingeva fin qua, ancora si erge, quasi fosse un’astronave atterrata, sul paesaggio dominandolo già da lontano.
Dalla bellezza della storia, con le sue torri, abbazie, mulini, castelli e conventi, a quella della natura dunque perché è qui che si stende coi suoi geositi questo luogo straordinario, testimone della trasformazione della terra e tra i simboli del parco nazionale dell’Appennino tosco – emiliano.
Di tale fascino che anche Dante ne fu colpito, tanto da ispirarlo – “ma qui convien ch’uom voli” – nel descrivere l’asprezza dell’ascesa al monte del Purgatorio.

Proseguendo oltre sulla provinciale 108 eccoci all’incontro col fiume Secchia proprio all’altezza della scarpata di monte Rosso, dove risplendono sotto il sole i gessi triassici, risalenti cioè a 200 milioni di anni fa quando le acque dell’antico mar della Tetide, evaporando, lasciarono questi sedimenti di gesso e sale.
E’ proprio questa presenza di gesso e sale che fa sì che le acque che si infiltrano, sgorgando poi come ad esempio nelle vicine Fonti di Poiano, divengano grazie a quest’incontro salate.
In piega verso Reggio
E’ ora di risalire verso Reggio, ma la prendiamo comoda e larga, così da godere della bellezza di questo territorio e delle sue strade, regno specie nei giorni festivi delle due ruote, sia muscolari che a motore. SP90, SP8, Toano a 842 metri d’altezza e scendere fino a Ponte Secchia per poi immergerci, seguendo la S64, di nuovo verso il monte alla ricerca di curve e di verde.
Valestra, Baiso, Sasso Gattone e poi di nuovo giù verso il fiume pronti all’incontro con Castellarano, caratterizzato da testimonianze eccelse come la Rocchetta, il giardino pensile, il Castello o la Torre dell’Orologio.

Tra piccole rocche e piccoli castelli
E’ seguendo le piccole strade dell’interno che incontriamo prima il piccolo castello di San Valentino, per poi giungere a Scandiano non prima di esserci concessa una sosta su un punto panoramico molto amato dai motard della zona.

Molti sono i gruppi di motociclisti che sul piazzale delle Tre Croci, sul Monte Evangelo, si fermano per una sosta da cui si domina tutta la piana che da quassù torna a perdersi infinita.
Un tornante dietro l’altro ci sarebbe un altro luogo degno per bellezza di una sosta. Castello di proprietà privata sulle colline di Ventoso, a pochi chilometri da Scandiano, la Torricella è purtroppo però preclusa al pubblico proprio come, un po’ più avanti, il castello di Albinea che dall’esterno si può – ahinoi – solo immaginare.
Ritorno in pianura
Siamo nuovamente sul piano ormai a pochi km da Reggio nell’Emilia, ma ci riempie il cuore pensare che, mentre visitiamo il Museo del Tricolore, il 7 gennaio 1797 fu proprio qui a Reggio Emilia che con la Repubblica Cispadana nacque il Tricolore e la futura bandiera d‘Italia.
Un altro luogo dai grandi rimandi storici proprio come, una tappa dopo l’altra, quelli legati a Matilde, Viceregina d’Italia e protagonista per lunghi anni, oltre che della propria, della storia del nostro Paese.
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