tra Romagna e Marche
dentro la magia del Sasso di Simone
Visit Romagna – a piedi nella Riserva Naturale del Sasso di Simone. Una storia fantastica ai confini dell’entroterra romagnolo 

Itinerario in pillole: San Leo – Sasso di Simone – Sestino – Badia Tedalda – Ponte Messa
Non si tratta di un vero e proprio viaggio con la moto, ma sicuramente è un viaggio che mantiene la nobiltà del termine coinvolgendo tutti i sensi in una fantastica avventura, un’immersione nella natura selvaggia e romantica di questi luoghi. Al parco del Sasso la natura ti mette a disposizione tutto quello che serve per provare vere emozioni, e non importa quanto il luogo sia lontano da casa tua; lui ti aspetta, ti chiama anche quando, passando lontano tra i sentieri di questo paesaggio stupendo, credi di poterlo ignorare.


Questo ferragosto è nostra intenzione rimanere una notte a dormire a Sasso Simone e dovendo lasciare la moto all’inizio del sentiero che ci porterà alla vetta decidiamo di partire con lo scooter. Lo so non è da noi ma ne vale veramente la pena e lasciare la moto una notte incustodita non ci farebbe dormire sonni tranquilli. E poi al Leo gli vogliamo bene per quella costanza con cui tutti i giorni ci porta al lavoro, al mare, a far la spesa senza chiedere niente più che un po’ di benzina e olio.
Si risale la Marecchiese, importante e antica arteria di collegamento tra le valli aretine e il mare, per arrivare al bivio di Cà Raffaello. Si svolta a sinistra, indicazione Cà Romano , Miratoio, Cà Barboni.Strada provinciale 52, attraversando senza averne coscienza il confine tra l’Emilia Romagna e la Toscana con il paesaggio del Parco Nazionale del Parco Sasso Simone e Simoncello che scorre insieme a noi lungo la via regalandoci a tratti le inconfondibili sagome del Simone e del Simoncello.
La storia del parco è di per sé affascinante; un’ estensione di territorio di quasi 5000 ettari che si stende tra la provincia di Rimini e quella di Pesaro Urbino che confina con l’omonima Riserva Naturale Regionale Sasso di Simone (la nostra meta) in Toscana. L’Ente per la sua conservazione del Parco nasce da una collaborazione fra la Regione Emilia Romagna e quella delle Marche nel 2013. Mentre la Riserva fu costituita dalla provincia di Arezzo nel 1996.
La servitù militare che grava sull’area, per essere poligono dell’Esercito italiano che ancora oggi qui svolge le proprie esercitazioni, ha contribuito in maniera fondamentale a preservare la stupefacente selvaggia conformazione del territorio che oggi ritorna a noi nella sua semplice ma potente bellezza naturale.
Per arrivare al Sasso Simone si possono prendere diversi sentieri più o meno impegnativi, più o meno lunghi. Noi arriviamo da Case Barboni che ospita all’inizio del sentiero un agriturismo (http://www.agriturismosassosimonesimoncello.it/) e poche case restaurate. La salita qui è ripida ma molto suggestiva. Risaliamo lentamente attrezzati per la notte, compresi cibo e acqua che qui è assente. Risalendo verso il masso attraversiamo pascoli e praterie; massi calcarei e calanchi nonché boschi di aceri, agrifogli e frassini, solo per citarne alcuni. Qui tutto si mescola in maniera selvaggia pur mantenendo un suo equilibrio ancestrale così che la fauna e la flora locale dialogano in un linguaggio antico che sembra riportare all’inizio dei tempi.
Risalendo la ripida salita all’improvviso, in lontananza, si stagliano i due massi di Simone e Simoncello.
Questi enormi blocchi di roccia calcarea dalla cui sommità si domina il territorio del Montefeltro fanno parte di rocce appenniniche emerse dal mare nel Tirreno e trasportate verso l’Adriatico in un periodo storico ancora incosciente dell’arrivo dell’uomo. Le sue forme a parallelepipedo donano al paesaggio una visione di forte impatto e la forza del nostro pianeta nelle sue mutazioni ti appare in tutta la sua grandezza. Guardando i massi in lontananza adagiati quasi per caso sulla fitta boscaglia che li circonda la mente stenta a comprendere come in un’era lontana qui potesse essere presente il mare e sedimenti di questa grandezza potessero essere trasportati dalla forza delle acque.
Proseguendo lungo il sentiero incontriamo mucche chianine al pascolo. Queste mucche dal manto bianco sono presenti sul territorio italico già dai tempi degli etruschi a tramandare un forte legame di questa terra con le sue origini testimoniate, poco più a valle, a Verucchio, dal rinvenimento di centinaia di tombe villanoviane e da un museo dalla bellezza senza pari quanto misconosciuto.
Risaliamo al loro fianco con il rumore dei loro campanacci che ci accompagna e i loro occhioni che ci scrutano attentamente per evitare che ci avviciniamo troppo ai piccoli vitelli che brucano l’erba circondati dagli splendidi esemplari adulti.
Tutto qui ci riporta alle origini; l’imbrunire con le sue luci che si attenuano ridisegnando il paesaggio, la solitudine che ci circonda nella risalita, il vento che soffia risalendo le valli e fra gli alberi, la mole del Sasso che si avvicina imponente osservando il nostro incedere a tratti difficile.
Siamo dentro la magia e non sorprenderebbe incontrare una gnomo viaggiatore sul nostro cammino, anzi, i sensi lasciati liberi di spaziare dentro di noi ci avvisano di presenze oltre alle nostre che stanno osservando i nostri movimenti. Procediamo in silenzio e nel silenzio affrontiamo l’ultimo tratto; quello più difficile e arriviamo senza fiato all’area di ristoro presente ai piedi del Sasso. Degli gnomi e di questi luoghi ne ha parlato un amico di Savignano, Giovanni Zavalloni, frequentando il salotto di Maurizio Costanzo e scrivendo tre libri per la Macro edizioni.
Siamo al tramonto, rimane solo da montare la tendina sotto la quercia che da sempre osserva il sentiero sottostante . Il sole regala gli ultimi raggi mentre noi seduti ci apprestiamo al desinare. Il vento aumenta e la temperatura si abbassa . Rimaniamo così ad aspettare che la volta celeste si apra allo spettacolo della Via lattea che qui ti sembra talmente vicina da poterla toccare.
Siamo pronti per la notte, distesi dentro i sacco a pelo ascoltiamo i rumori del bosco… Buonanotte a tutti.

All’alba la luce ci sveglia insieme al cinguettare degli uccelli e ai campanacci delle mucche. Oggi siamo pronti per raccontare la fantastica storia del Sasso Simone.
Risaliamo lungo il costone verso la cima seguendo una strada segnata dal tempo. Nel Medio Evo tutto il Montefeltro era un crocevia importante di mezzi, di merci e di persone che prosperavano e si moltiplicavano sotto le signorie e i comuni del tempo. Novello Malatesta, signore di Cesena e fratello di Sigismondo, pensò di avviare la costruzione di un forte sulla cima del Sasso Simone, che si interruppe dopo alterne vicende e la perdita del territorio nell’annosa guerra tra le varie Signorie. Nel 1565 Cosimo Ide’ Medici, signore incontrastato della zona, avviò ex-novo la costruzione di una città – fortezza destinata ad ospitare militari e civili oltre che uffici pubblici. La vita di questa città chiamata “Città del Sole” durò all’incirca un secolo, poi viste le difficoltà climatiche, che in quegli anni resero la vita delle città oltre i 1000 metri di altezza molto difficili, e le mutate condizioni politiche, si assiste ad un inesorabile declino sino alla sua scomparsa.
Oggi possiamo ammirare pochissimi resti rinvenuti che ci fanno immaginare la grandezza e la spregiudicatezza dell’opera, riesce in effetti difficile pensare alla vita in questi luoghi a quei tempi. Rimane comunque il sorprendente panorama che si gode dall’alto del masso e la prepotente sensazione di libertà che si impossessa di te una volta raggiunta la cima.

Si riscende verso valle e per farlo ci avviamo verso un sentiero (CAI 61, 119B, 17) che una volta circondato Sasso Simone si ricongiungerà al sentiero fatto ieri per rientrare a Case Barboni dove abbiamo lasciato lo scooter.

Ci inoltriamo quindi nei fitti boschi della riserva attraversati da piccoli sentieri ben contrassegnati dal rosso e dal bianco che ci consentiranno di non perdere l’orientamento. A tratti, pochi escursionisti si incontrano per un saluto o una scambio di informazioni ma per lo più siamo soli, immersi completamente nel verde di questa foresta dominata da cerri e carpini in un insieme di raro esempio di foresta mediterranea – montana . A tratti, tra il verde rigoglioso della vegetazione si scorge il ripido masso calcareo del Sasso Simone e a fine percorso dopo circa un’ora di cammino, possiamo ammirare anche il Simoncello.
Siamo rientrati nel mondo. Tra escursionisti e ciclisti che sfrecciano tra ripide salite e impervie discese copriamo l’ultimo tratto sino a valle per riprendere possesso del nostro mezzo.

Ci allunghiamo fino a Sestino (municipio romano del I sec. a.C. per essere al crocevia tra Romagna, Marche e Toscana che ancor oggi si dividono amministrativamente queste zone apenniniche) nella speranza di trovare qualche bar aperto, ma oggi, ferragosto, a quanto pare è festa per tutti così dopo aver trovato ristoro presso gli erogatori di acqua, riprendiamo la strada questa volta allungandoci sulla provinciale 49 direzione Badia Tedalda, bellissima per i tornanti che si susseguono) per un tuffo nel fiume Marecchia.

Questa settimana la moto è rimasta a riposare nel garage ma non potevamo mancare all’appuntamento con il magico Sasso Simone. Chi volesse avere maggiori informazioni sul parco, sugli eventi e sulle escursioni guidate consigliamo di visitare i numerosi siti internet come www.parcosimone.it o www.parks.it.
Noi non smetteremo mai di invitarvi ad attraversare con le vostre moto il nostro entroterra, dalla Valmarecchia al Montefeltro alla valle dell’Uso oppure a svalicare verso l’aretino o le valli del Metauro. Rimane d’obbligo se volete attraversare la magia passare dal Sasso Simone.
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