Emilia Romagna in moto tra passi e crinali 1a parte vi porta ad attraversare tutta questa suggestiva regione attraverso i passi e i crinali che dal Tirreno scendono sino all’Adriatico. Questa la prima parte di questo divertentissimo viaggio tra cultura, gastronomia e tante, tante curve.
Partenza dalla cima di passo Penice
La partenza è cult. Passo Penice sopra Bobbio, siamo sull’Appennino ligure a cavallo tra la valle Staffore in Lombardia, che qui si allunga a sud del Po, e la valle del Trebbia in Emilia – Romagna, ma a un soffio anche le propaggini di altre due regioni: il Piemonte e la Liguria.
A 1149 metri di altezza uno dei passi più amati dai motociclisti della zona come testimoniano le tante moto che vediamo sfrecciare lungo i tornanti che qui salgono verso la cima.
Questo passo racconta di pellegrini e commercianti, di nobili e alti prelati che durante il regno di Carlo Magno scendevano verso il monastero di Colombana in quel di Bobbio. Non solo il panorama è fantastico, ma possiamo anche fermarci per una visita interessata a San Colombano, guarda caso il santo protettore dei motociclisti.
Dal passo a Bobbio
Le strade sono in condizioni impeccabili e in breve ci portano ai piedi del Santuario di Santa Maria da dove godere della vista incomparabile capace di perdersi tra l’oltre Po pavese da una parte e il panorama della val Tidone dall’altra.
Scendendo tutto d’un fiato lungo la SP161 arriviamo a Bobbio, uno dei centri del nord Italia più importanti dell’alto Medio Evo, per ammirare lo stupefacente Ponte Gobbo, che prende il nome dalle 11 arcate tutte irregolari.
Al centro del borgo di struttura alto medievale l’abbazia di San Colombano, imponente, datata al 615, che con la sua fervente attività dette impulso alla crescita e alla prosperità non solo di Bobbio ma anche dei paesi circostanti e di tutta la valle.
Si sale in moto l’Appennino emiliano
Risalendo la SP16 sulle antiche orme della Via Francigena, inizia il nostro itinerario che ci porterà verso sud e il primo approccio con l’Appennino emiliano.
Irregolare, aspro, selvaggio, questa la prima impressione fortemente positiva di questi luoghi.
Dopo i primi declivi collinari che aprono la via verso la cima ci ritroviamo presto inghiottiti dalla natura, avvolti da foreste di abeti bianchi o pini montani, larici e altre specie a noi poveri ignoranti sconosciute ma bellissime.
Strade che si chiudono a gomito rendono la guida esilarante e molto piacevole. Un piacere che si prolungherà lungo tutto il viaggio dove i rettilinei, tranne nel percorso di trasferimento in autostrada, non esistono.
Tra passi e crinali, immersi nelle vallate emiliane
Attraversiamo rapiti piccoli borghi arroccati lungo la SP57: Chiese costruite sugli speroni dei monti quasi a segnalare la propria presenza a Dio, e poi ancora cippi in ricordo dei morti della seconda guerra mondiale che tra queste asperità visse scontri sanguinosi e cruenti che hanno lasciato tracce di tragedie terribili in tutti noi.
Ci concediamo anche alcune digressioni in fuoristrada, quando all’asfalto preferiamo il sentiero come quello che, partendo da Monte Aserei e lungo una fantomatica e divertente provinciale 57, ci fa atterrare all’altezza di Farini dove incrociamo nuovamente la via Francigena.
Bardi e le antiche vie di scambio
Dalla provincia di Piacenza, con una guida divertente tra tornanti e curve a serpentina, entriamo nella provincia di Parma.
La valle del Ceno circondata da alte montagne ha visto lungo le rive dei suoi fiumi popolazioni vivere e prosperare già in età molto antica. Ai liguri infatti subentrarono i romani e di seguito i longobardi.
Di questi ultimi possiamo ammirare oggi il castello di Bardi che svetta magnifico a ricordo di un tempo nel quale questi luoghi si trovavano a ridosso della via Francigena importante arteria di passaggio di mercanti e pellegrini diretti nel sud dell’Italia e ancora prima lungo le rotte dei Longobardi che nel VI secolo valicavano il monte Bardone, l’attuale passo della Cisa, per raggiungere i loro ducati del Sud Italia, lontano dagli itinerari controllati dai Bizantini loro nemici irriducibili.
In moto lungo la via degli Abati
In questo tratto la Via Francigena prende anche il nome di Via degli Abati per il fatto che che dal VI sec. all’anno mille consentiva agli abati dell’abbazia Colombana di recarsi a Pavia, capitale del regno longobardo o di scendere sino a Roma, al soglio di Pietro.
Oggi Bardi è un bellissimo borgo frequentato da turisti che si allungano per queste vie antiche e piene di fascino del nostro bellissimo paese.
Dal fiume Ceso al fiume Taro ci separano solo chilometri di curve e vegetazione. Non era in programma scendere verso Borgo Val di Taro ma ne vale comunque la pena.
Camping per la notte a buon prezzo e cena, ottima, in un ristorantino nel cuore del centro storico.
Per oggi ci fermiamo qui.