Lo stretto di Gibilterra, che più che geograficamente ha rappresentato per il mondo antico il confine tra noto e ignoto, si allunga di fronte a noi solleticando la nostra curiosità di navigatori di terra.
Ancora oggi , pur nella convinzione di conoscere oramai tutto della nostra terra, questo luogo evoca turbamenti perché non è facile farsi trascinare dentro ad uno spazio più virtuale che fisico; il limite che ogni essere umano è chiamato ad attraversare per abbattere le proprie paure.
Uno sguardo oltre l’Oceano Atlantico
Ultimo giorno del nostro viaggio, Tangeri si riasveglia insieme a noi per affrontare un nuovo giorno, apparentemente normale, almeno per la città, di commiato per noi.
E’ L’oceano Atlantico che si apre davanti a noi una volta raggiunto il vecchio porto di Tangeri ed è qui che il caldo abbraccio del Mediterraneo lascia il posto allo spirito indomito e ai venti più freschi dell’oceano.
Tangeri oggi è una città moderna con un’attività portuale talmente fiorente da costringere alla chiusura del vecchio porto, che per anni ha visto attraccare navi da tutto il mondo, sostituito dal più moderno Tanger Med a 40 chilometri dalla città.
E’ comunque dal vecchio porto ai piedi del suggestivo sokko tangerino ( così chiamano qui i suk della zona ) che ancora oggi partiamo consapevoli di ripercorrere le orme di migliaia e migliaia di uomini che da questi luoghi iniziavano un viaggio che alimentato da timori e incertezze si volgeva verso l’ignoto. Una volta usciti da centro città si imbocca la P4601 che sale verso il parco Perdicaris per giungere poi a Capo Spartel da dove si gode come non mai di una bellissima vista sullo stretto.
La via verso lo stretto
Scomparse quasi del tutto le enormi palme presenti nel sud e nell’interno del paese veniamo così circondati da bellissimi pini mediterranei che si allungano insieme a noi ai lati della via.
Cap Spartel ci attende in cima alla collina con il suo faro che guarda verso l’orizzonte e segna l’entrata verso le aree aperte e sconfinate dell’Atlantico. In lontananza, quasi sospese, le coste spagnole segnano gli ultimi avamposti dell’Europa, la nostra patria.
Siamo alla fine del mondo? No no, anzi la via che si apre davanti a noi è ricca di scogliere spettacolari dove le onde si infrangono con violenza, quasi a voler spaventare il navigante.
Bellissime le spiagge bianche che si allungano verso sud. Stiamo guidando lungo una strada costiera destinazione Spiaggia del Sole (Plage Sol) che scorgiamo a breve all’interno di una piccola laguna dove spiagge bianchissime si perdono dentro il mare.
Le grotte di Ercole
La meta del nostro viaggio sono le grotte di Ercole che si trovano lungo la strada vicine al palazzo d’estate del re del Marocco.
La zona è molto bella e poco urbanizzata. Il mare risplende sotto una strada panoramica che dal punto di vista del motociclista non è molto adrenalinica ma offre comunque piccoli spunti interessanti.
La grotta alla quale si accede dopo aver pagato un biglietto racconta la leggenda di un Ercole che durante l’immane lavoro della divisione dell’Africa dall’Europa trovava riposo e sollievo all’interno di questa caverna costruita all’inizio dei tempi e modellata dall’erosione dell’acqua contro la roccia.
La grotta ha due aperture, una da terra e una che si apre verso il mare che, con nostra grande sorpresa, sembra riprendere il profilo dell’Africa.
Nel tempo la grotta ha costituito un riparo per i fenici e anche le popolazioni berbere usufruirono di questo sito tramandandosi di generazione in generazione la leggenda di un semidio stanco e umanamente bisognoso di riposo e tranquillità.
Mentre guardiamo estasiati le onde che oggi si infrangono potenti contro l’Africa respiriamo l’aria chiusa di queste grotte che protessero generazioni e generazioni di viaggiatori.
Rientro a Tangeri
Si rientra verso Tangeri, il tempo del nostro viaggio è giunto al termine e un traghetto ci attende al Tanger Port Med, un traghetto della GNV che ci riporterà in Italia.
Permangono dentro di noi le visioni di questo viaggio, il deserto, i popoli diversi, i colori che abitano questa terra così affascinante. Resta la convinzione di essersi immersi per un breve periodo in un altro mondo che solo i progressi tecnologici uniscono mentre tutto il resto divide.
Una terra tranquilla, almeno per quella che è stata la nostra esperienza, una terra speciale per essere visitata sulle due ruote, ospitale e affettuosa. Nei nostri 15 giorni di viaggio non abbiamo mai avuto un momento di apprensione o di paura, quello che abbiamo sentito è stato solamente il caldo e avvolgente soffio del deserto abbellito dai colori vivaci di un popolo tutto da scoprire.
Pronti per l’imbarco
Rientrando a bordo del traghetto che scivola sull’acqua appena partito dal porto di Tangeri, osserviamo il profilo del Jebel Musa che svanisce lentamente fuori dalla nostra visuale, proprio questo profilo rappresentava nell’immaginario collettivo le colonne d’Ercole, quel limite che gli dei decretarono come invalicabile per l’essere umano. “Non plus ultra” la leggenda narra fosse inciso su quelle colonne che indicavano il limite oltre il quale non era più possibile fare ritorno perché al di là, il pericolo e l’ignoto ci spingevano verso la fine del mondo.
Noi quel limite lo abbiamo superato e lo superiamo ad ogni viaggio, ad ogni avversità che viaggiare in due sulla moto a volte comporta, o ogni qual volta decidiamo di abbandonare sentieri già tracciati e sicuri per imboccarne altri perché come Dante fa dire a Ulisse in un passaggio della Divina commedia “fatti non fummo a viver come bruti / ma per seguir virtute e conoscenza” .
E il mondo che abbiamo scoperto attraversando il Marocco ha riempito le nostre menti e i nostri cuori per avvicinarci a quegli dei che soli volevano possedere tutto il sapere del mondo.