In moto alla scoperta dell’entroterra romagnolo, verso l’eremo di Saiano.
L’amore di questo blog per le terre di Romagna è oramai indubbio. La metà dei nostri racconti e la gran parte delle nostre scorribande in sella alla nostra moto si allunga attraverso queste valli e i monti circostanti. In particolare l’entroterra riminese e forlivese sono state più volte raccontate nei tanti articoli scritti che potete trovare nella sezione del blog dedicata proprio a questa regione: Romagna in moto
Itinerari brevi ma intensi
L’entroterra riminese offre agli amanti delle due ruote non solo itinerari fatti di rettilinei e curve impegnative ma anche momenti di assoluta bellezza quando lungo la via si incontra l’arte e la storia.
Rocche, castelli, eremi, piccole e grandi chiese spuntano all’improvviso, oppure si scorgono semplicemente levando lo sguardo verso le colline.
Visioni che spesso ti obbligano a svolte improvvise e a cambi repentini di marcia per raggiungerle.
La via verso L’eremo di Saiano
Uno di questi luoghi, assolutamente da vedere, è situato su uno sperone che guarda il fiume Marecchia. Si tratta del santuario della Madonna di Saiano.
Per goderselo arrivando in moto consigliamo di prenderla un po’ alla larga se non si vuole percorrere fino a Pietracuta la Marecchiese.
Da Rimini imbocchiamo così la via Emilia fino a Santa Giustina per portarvi a visitare un ponte che amiamo molto; un antico ponte romano, un piccolo momento della nostra storia che ha però acceso gli animi degli storici, del luogo e non, per anni e anni.
Prima tappa quindi in quel di San Vito dove, una volta trovato il sito accanto alla chiesa del paese, possiamo ammirare semi nascosto dalla vegetazione e dalle canne i resti di questo antico ponte.
L’antico ponte romano un dibattito ancora aperto
Un’arcata e mezza riportata alla luce da scavi archeologici di un manufatto che, a detta degli storici, doveva essere di dimensioni notevoli: almeno otto arcate.
Cosa ci faceva sperso nella campagna un ponte così fatto, quasi il doppio del ponte di Tiberio situato a Rimini che pur superava il fiume Marecchia con solo cinque arcate? Un interrogativo che ha sempre sollevato non pochi dibattiti tra gli addetti ai lavori.
Non potrebbe essere proprio lui il famoso ponte sul Rubicone che vide Giulio Cesare e i suoi legionari rompere gli indugi per attraversare il Limes, la frontiera che divideva allora la Repubblica romana dalla Gallia cisalpina e marciare su Roma? Tante le argomentazioni a supporto di una tesi che pone più di un dubbio sulla scelta di quale sia il vero Rubicone.
Non stiamo a dilungarci troppo ma vi rimandiamo ad alcuni testi che possono illuminare sulla storia di questo ponte che noi oggi ci godiamo nella piena tranquillità della campagna romagnola (www.avvenire.it/agora/pagine/ dado_tratto_rubicone) .
Torriana, uno sguardo tra fiume Uso e il Marecchia
Riprendiamo il nostro vagabondareattraversando un piccolo ponticello per risalire lungo la provinciale 13 o meglio “lo stradone” verso Torriana che, con la sua rupe, sicuramente potremmo definire come uno dei punti panoramici più belli di tutta la valle del Marecchia e anche dell’Uso.
Arrivati in cima infatti possiamo ammirare oltre alla rocca (dove si narra che nelle sue segrete i figli di Paolo Malatesta uccisero lo zio Giangiotto, reso famoso da Dante nella sua Divina Commedia, per il duplice omicidio da lui perpetrato ai danni della moglie Francesca e del fratello Paolo, rei di essere amanti) e alla torre di segnalazione parte del sistema d’ avvistamento che lungo la valle correva fino al passo.
Da quassù il panorama è spettacolare, con le dolci valli e i poetici pendii che rendono i paesaggi dell’entroterra riminese unici.
Torriana e le fontane di Tonino Guerra
A valle in quel di Torriana, un tempo chiamata Scorticara e oggi, dopo la fusione dei comuni di Poggioberni e Torriana, Poggiotorriana ci attende, l’Albero dell’acqua, una delle meravigliose sculture del grande Tonino Guerra che con il suo lavoro ha reso questo posto come altri della valle ricco di dolce fascino e pace per l’anima.
Quella che stiamo ammirando è la prima fontana pensata da Tonino Guerra per la Valmarecchia e rappresenta un gelso i cui rami sono rappresentati dall’acqua che zampilla, il tutto collocato sulla bellissima terrazza panoramica di piazza Allende.
La svolta per l’eremo di Saiano
Di nuovo in sella, con la rupe di Verucchio che ci segue benevolamentre mentre scendiamo verso il Marecchia per incontrare, all’altezza del ponte la svolta che ci indica Saiano.
Siamo quasi arrivati ma l’ultimo tratto per la moto è sicuramente il più affascinante. Curve più o meno grevi tra il verde mentre si guida dentro il bosco. Percorsi per ciclisti ma anche per gli amanti del trekking.
Dopo una curva si scorge finalmente il profilo del santuario che, con la sua particolare torre bizantina circolare, si erge da tempo immemorabile su una rupe a guardia del fiume. Un posto magico.
La magia dell’eremo
Il luogo che oggi ospita l’eremo di Madonna di Saiano già nel periodo romano ospitava un tempio pagano in onore del dio Giano, una delle più antiche ed importanti divinità della religione romana e latina, raffigurato con due teste capaci di guardare una al passato ed una al futuro e dal quale trae il suo nome, Saxum Iani.
Divenne con il tempo uno dei luoghi sacri e di pellegrinaggio anche della religione cristiana e cattolica, e oggi, anche se ha perso l’importanza di un tempo e non è più meta di pellegrinaggi, rimane uno dei luoghi più amati e suggestivi dai riminesi.
Già dal 1186 viene testimoniata la presenza del castello con la sua torre di avvistamento che poteva contare su una visione a 360 gradi che andava da Verucchio a Saiano, a Montebello e San Leo, mentre la chiesa viene testimoniata dal 1300 come luogo di pellegrinaggio dove si venera e si festeggia come oggi la Madonna.
A piedi verso l’eremo di Saiano
Risalendo a piedi l’ultimo tratto che ci porterà in cima allo sperone possiamo godere di un luogo di pace, restaurato e curato con amore e passione dal parroco che ogni domenica vi tiene la messa.
Una porta straordinaria, realizzata da Arnaldo Pomodoro che ha voluto donarla alla comunità, ci accoglie. E’ “La porta che raccoglie i tramonti” voluta da Tonino Guerra “che raccoglie tutti i tramonti della Valmarecchia e li rende caldi anche quando c’è nebbia e il cielo è grigio.”
Ultimi chilometri di un piccolo viaggio
La giornata è ancora calda, i colori sono quelli dell’autunno, il giallo si fonde con il verde dell’erba e il marrone della terra. Piccoli luoghi carichi di storia così vicino a noi ma spesso così sconosciuti. Anche questo è un viaggio degno di essere intrapreso e mentre la moto scivola lungo la via a ritroso verso Rimini costeggiando il fiume Marecchia ci godiamo questo autunno mite che presto svanirà nell’inverno.