Maioletto e la magia
della Valmarecchia
Quello che ci sentiamo di proporvi oggi non è un viaggio specificatamente motociclistico. Ma è un viaggio che ci sentiamo di suggerirvi perché, pur a poca distanza da casa, Maioletto è una delle mete che bisogna imporsi di visitare, nonostante non si possa sfuggirne all’incontro ogni volta che si risale la Valmarecchia. E non vi può essere fatica più bella che quella necessaria per raggiungere i torrioni della rocca da cui, come un tempo, si domina con un sol sguardo la valle.
A mezza via tra la sorgente e la foce del Marecchia, abbarbicato in cima a un cucuzzolo, sta il castello di Maioletto. O meglio, ciò che ne resta, dopo che una frana, narrano le cronache, insieme al paese portò con sé anche metà di quella fortificazione che da secoli, dall’alto della sua straordinaria posizione, ha sorvegliato i traffici che lungo il fiume dalla Toscana arrivavano al mare, al porto, prima villanoviano poi romano, di Ariminum, l’ odierna Rimini.
Quel che rimane della rocca di Maioletto è molto più di ciò che dal basso si può intravvedere, ma per averne un’idea bisogna armarsi d’armi e bagagli e attrezzarsi per un’escursione che, in alcuni passaggi, se la cima è la nostra meta, può essere anche impegnativa.
La partenza è dal Poggio, un borgo di quattro case e una chiesa, a metà della strada che collega Pugliano alla Maiolo odierna. Per giungervi provenendo da Rimini sulla Marecchiese, si può prendere all’altezza di Pietracuta la SP22, la strada di San Leo, bellissima ma trafficata specie nelle festività per la forza attrattiva che la rocca leonina, meritatamente, ha. Superato uno dei borghi più belli d’Italia, poco prima di giungere a Pugliano (straordinaria la festa di settembre quando, tutti i lunedì, si svolge la tradizionale fiera del bestiame, dalle origini che si perdono nella notte dei tempi) si svolta a destra, verso Maiolo appunto, per svoltare ancora a destra verso Poggio.
Seguendo, dopo qualche chilometro, l’indicazione di Boscara. Volendo salire da valle, da Novafeltria si svolta a sinistra dopo il secondo semaforo per attraversare il fiume su un ponticello a una corsia scarsa, e risalire verso Maiolo. Da lì poi al bivio per Boscara. Siamo arrivati a destinazione, davanti a noi Maioletto.
Parcheggiata l’auto o la moto che sia, eccoci dunque pronti alla partenza non prima d’aver ben riempito d’acqua fresca le borracce nella fonte che sta a inizio del borgo.
Si parte sin da subito, zaino in spalla, circondati da un paesaggio altamente suggestivo e carico di storia. Alla destra del sentiero che si imbocca la rupe di San Leo, con l’eco epico delle sue battaglie che giunge a noi trasportato dalla brezza, mentre di fronte la rupe inespugnabile di Maioletto. Ancora non scorgiamo i resti della rocca, che ci apparirà sull’altro versante una volta attraversata la valle che si stende davanti a noi.
Il silenzio e la fatica offrono parentesi di riflessioni sulla bellezza e la selvatica energia che questa terra regala a chi con pazienza si apre alla scoperta. Intorno a noi, viandanti solitari che anelano a raggiungere la cima, i calanchi mostrano i loro profondi solchi che si allungano modificandosi e moltiplicandosi, plasmati nel tempo da una natura che fortemente incide il territorio. Procediamo lentamente sulla cresta composta da un terreno argilloso che si apre ai molteplici colori e alle sfumature della terra, dal nero al giallo passando per tutte le gradazioni del marrone e del verde.
Al contrario di altre zone d’Italia, che con la riforma agraria negli anni ’50 hanno visto rimodellato il proprio territorio, qui la zona si è mantenuta geologicamente intatta, consentendo al paesaggio di farsi testimone di una storia che dalla notte dei tempi è giunta sino a noi.
Qui oltre alla natura parla la storia, e racconta che in questo sito, nel medioevo, era presente un importante nucleo abitativo a ridosso di una rupe che, sulla sua cima, ospitava una rocca ritenuta da tutti inespugnabile. Il possesso di Maioletto all’epoca era strategico per la difesa della vicina San Leo e per questo era obiettivo di conquista tra le due signorie che si contendevano il territorio: i Malatesta e i Montefeltro. Questo naturalmente non preoccupò gli abitanti abituati al continuo guerreggiare tra le due famiglie e Maioletto finì dominio dei Montefeltro sino alla loro decadenza.
Non le guerre distrussero questo borgo e la sua rocca ma la natura, che una frana partita dalla cima della rupe, nel 1700, tra il 29 e il 30 maggio, dopo forti piogge seppellì tutto il borgo sottostante e gran parte dei suoi abitanti. Ad inasprire la vicenda, la convinzione diffusa che questa frana fosse un segnale divino che arrivava ad interrompere riti pagani che, si supponeva, si svolgessero nel paese durante la quaresima. Balli angelici, una sorta di rito pagano culminante con orge collettive.
Oggi davanti a noi si apre un paesaggio straordinario con la sua rupe, dalla forma unica e inconfondibile, circondata da calanchi e radure erbose, meta di archeologi, botanici e rocciatori, oltre che appassionati come noi, piccoli viandanti .Sul cammino incontriamo un cippo che racconta la storia e gli accadimenti di queste zone, ed insieme anche i nominativi delle vittime nonché un disegno che riproduce il vecchio maniero.
Risalendo il pendio verso la rupe incontriamo sulla nostra strada l’unico edificio sopravvissuto alla frana: la piccola chiesa di San Rocco. E’ ai suoi piedi che, con nostra grande sorpresa, incontriamo le tracce di uno dei poeti e scultori più amati della Valmarecchia e famoso nel mondo intero: Tonino Guerra. Sono molti i segni poetici del suo sguardo e della sua poesia che ha lasciato lungo la valle, come “Il gomitolo dei suoni dimenticati” che ora giace di fronte a noi in condizioni precarie dopo che una frana l’aveva fatto precipitare lungo un pendio. E se oggi possiamo nuovamente ammirarlo lo dobbiamo ai ragazzi della scuola arrampicata della Valmarecchia che lo hanno recuperato (https://www.youtube.com/watch?v=FXi5Ff-nCFs). Rimaniamo ad ammirarla, più per il suo valore intrinseco affettivo che per la sua bellezza, ma è giunta l’ora di affrontare la vera salita verso la rocca.
A questo proposito consigliamo scarpe adatte e presenza di spirito, visto che dopo i primi passi lungo un sentiero appena visibile in salita ci ritroviamo a dover fare i conti con una scala di ferro che dovrebbe portarci, superando la roccia a strapiombo, verso il prossimo approdo sicuro, un masso da cui riparte il sentiero.
Dal costone sul quale atterriamo possiamo notare alcuni resti di abitazioni e, scorrendo con lo sguardo, ammirare il panorama che si apre sulla valle del Marecchia. La vera sfida è comunque davanti a noi, l’ultimo tratto di una pendenza diremmo elevata, che si affronta con l’ausilio di una corda che sostiene la dura salita e la preparazione atletica oppure, come nel nostro caso, soste frequenti per riprendere fiato facendo finta di fotografare.
E’ dura, non lo neghiamo, ma la vista che ti attende una volta arrivati in cima è unica e commovente. Dai resti delle mura, seduti in cima il nostro sguardo può correre liberamente lungo tutta la valle del fiume, con la sagoma del Monte Aquilone che spadroneggia lo skyline e, dietro le nostre spalle, il Montefeltro, con la rocca di San Leo che imponente controlla tutti i nostri movimenti.
Una pace quasi innaturale ti avvolge e la certezza che la nostra terra, le nostre valli, i nostri boschi e i nostri pendii sono quanto di più perfetto la natura abbia potuto disegnare. Il corso del Marecchia si apre sotto di noi e la dolcezza delle valli si interrompe solo con la presenza di rocche e torri che vogliono testimoniare il passaggio di un popolo che ha saputo più di ogni altro interagire e svilupparsi con queste terre. La Romagna si apre sotto i nostri piedi e dopo tanta estasi, ed anche un meritato sonnellino stesi sull’erba, il rientro è piacevole e leggero anche se la discesa non sempre è più semplice della salita.
Maioletto è un luogo stupendo, da visitare assolutamente anche senza azzardarsi verso la cima ma semplicemente passeggiando sino alla chiesa. Qui si respira la pace e non sarà semplice far ritorno alla caotica atmosfera della città.
Prima di affrettarci verso il mare, merita fermarsi a Novafeltria che abbiamo avuto l’occasione di ammirare dalla cima della rupe per un caffè al Caffé Grand’Italia, nella piazza centrale.
E ora giù di corsa verso casa.