Perchè si chiamano Meteore? Attraversando il confine che separa Albania e Grecia proviamo a svelare il mistero perchè è là che siamo diretti
Le Meteore
5 milioni di anni fa il fiume che ricopriva tutta la pianura dell’odierna Tessaglia inizia, all’altezza del suo delta, un processo di erosione rimodellando tutto il territorio.
Un lavoro ciclopico della natura, tanto lento quanto inarrestabile, capace di lasciarci un paesaggio straordinario quanto unico con pinnacoli di roccia svettanti verso il cielo.
Questo complesso e immane lavoro della natura ha assunto oggi le caratteristiche forme di un sito conosciuto in tutto il mondo e meta di turisti da ogni dove. Un vero e proprio patrimonio dell’umanità. Stiamo parlando del sito che ci accingiamo a raggiungere, le Meteore, una combinazione unica e straordinaria di formazioni rocciose e lavoro umano il cui nome – “Meteore”, “cose che stanno in alto” – già racconta al viaggiatore di queste stratificazioni roccioso modellate dall’acqua e dal vento sulla cui sommità, tra i 300 e i 500 metri d’altezza, stanno oltre trenta monasteri fino a ieri inaccessibili.
Nella terra dei Centauri
Era molto tempo che ci pensavamo e non abbiamo esitato quando, trovandoci lungo il confine tra Albania e Grecia, con un traghetto a Igoumenitsa che ci attende tra due giorni per il rientro, ad attraversare il varco di Carshove sulle sponde del fiume Vjose e atterrare nel bel mezzo della catena del Monte Pindo, terra di miti e leggende, che a noi motociclisti dovrebbe suonare famigliare per affinità elettive. E’ questa infatti la terra dei Centauri, quegli uomini barbuti e selvaggi che, appartenenti a tribù delle montagne della Grecia orientale, vivevano in tale simbiosi con i loro cavalli da sembrare una sola cosa. Proprio come noi, proprio come i motociclisti con la propria moto che da quel lontano racconto mitologico hanno preso nome.
Entrare in Grecia dall’Albania è come fare un balzo dentro la storia. Un attimo prima la faccia sorridente di un poliziotto della dogana albanese ti chiede cordialmente se la vacanza nel suo paese è stata soddisfacente e un attimo dopo ti ritrovi immerso in una terra antichissima, progenitrice e ispiratrice di tratti della nostra cultura che ancora oggi costituiscono i pilastri intoccabili della nostra società. Se c’è una differenza che subito balza agli occhi oltre a quella del colore della bandiera è la tenuta del manto stradale. Borderline in Albania, con tratti davvero al limite del transitabile, perfetta in Grecia senza nemmeno una piccola buca e questo nonostante il difficile momento di crisi che questo popolo sta affrontand
Proseguiamo dunque questo viaggio ritrovando il bellissimo fiume che dalla foce sull’Adriatico, nella “Terra delle Aquile”, stavamo risalendo verso la sua sorgente: il monte Pindo. Parliamo del fiume Vjose che qui in Grecia prende il nome di Aoos.

Lungo le terre dell’Epiro
Oltre alla frontiera, a Konitsa ritroviamo il nostro fiume che si insinua tra gole e canyon veramente imponenti. Lungo questo tratto si possono ammirare grandi ponti a dorso d’asino in pietra e antichi monasteri oltre a grandi cascate. Proseguendo verso Ioannina, seguendo le indicazioni per Monodendri, è possibile visitare anche le gole di Vikos. Un territorio particolare, per lo più fuori dalle mete classiche del turismo greco che normalmente pubblicizza solo spiagge fantastiche e un mare dai colori così incredibili da parer finti. Qui il paesaggio è selvaggio, racchiuso tra alte montagne e raccolto dentro il misticismo di una religione, come quella cristiano – ortodossa, che ha dovuto difendersi per secoli dagli attacchi dell’islam ottomano e che ha trovato, proprio tra le asperità di questo territorio, una sua collocazione difensiva ma anche spirituale. Ci fermiamo ad ammirare il paesaggio di Konitsa prima di proseguire verso Ioannina e da lì immetterci sulla nuovissima E90 realizzata solo alcuni anni fa per unire il nord greco, da Igoumenitsa a Salonicco.
La nuova supestrada Igoumenitsa – Salonicco
Sino al 2009 ( anno di fine costruzione della E90 o via Egnatia, l’antica via romana che congiungeva Bisanzio a Durazzo) il viaggio verso le Meteore era lungo e faticoso anche se suggestivo. Bisognava attraversare strade che risalivano verso le cime dell’Epiro per riscendere poi verso valle mentre oggi possiamo guadagnare ore di viaggio proseguendo sino a Malakasi lungo la nuovissima superstrada che si allunga sino a Salonicco. Accorciamo di molto le distanze godendo di un percorso che si allunga su viadotti e si inoltra in lunghissime gallerie. Consigliamo vivamente di coprirsi bene, tra le gallerie e l’alta quota le temperature si abbassano parecchio. All’altezza di Malakasi ecco nuovamente il vecchio percorso che tra bellissimi tornanti e paesaggi che spaziano verso le alte montagne ci avvicinano al grandioso e surreale profilo delle Meteore.

Verso le Meteore
Meteora in greco significa letteralmente “in mezzo all’aria”, e anche noi non sapremmo descrivere questo posto in altro modo. Già arrivando lungo la strada le rocce appaiono all’improvviso, dopo una curva, nella loro particolarità. Torri naturali di roccia si elevano verso il cielo con le loro pareti a picco e su alcune di loro già s’intravedono ardite costruzioni che, una volta più vicino si riveleranno essere monasteri.
Il paese ai piedi di queste fantastiche visioni è Kalambaka ed è qui che arriviamo verso sera diretti al camping Kastraki, un bellissimo campeggio super attrezzato a metà strada tra il paese e la strada che salendo porta alle Meteore. Kalambaka è un paese decisamente turistico, pieno di negozietti e ristorantini, abbastanza cari a dire il vero, dove mangiare i piatti tipici della cucina greca. L’atmosfera è allegra e la vista delle meteore che sovrastano con la loro mole il paese rende tutto molto particolare e unico, specialmente al tramonto dove la luce del sole morente e quella più chiara della luna si infrangono sulle pietre bianche e calde delle Meteore. In mattinata si parte di buon ora per la visita, così da riuscire in parte ad evitare la moltitudine di turisti che come noi si accalcano all’entrata dei monasteri. Un flusso continuo di cui avremmo volentieri fatto a meno ma che non intacca la potente e dilagante forza spirituale del sito.

Un po’ di storia
I primi insediamenti risalgono all’XI sec. quando alcuni eremiti si insediarono nelle grotte presenti ai piedi di queste rocce. L’afflusso di persone nel tempo aumentò sino a formare nel XII sec. una vera e propria comunità di asceti organizzati in formazioni monastiche. Qui si pregava e si prega tutt’ora, dato che sei dei monasteri rimasti degli oltre trenta di cui si ha notizia sono ancora abitati. La costruzione dei monasteri ha inizio nel XIV sec. per difendere la comunità, la propria religione e la propria cultura dall’invasione ottomana. Solo verso il XVII sec. inizia il lento declino di queste strutture, capaci però ancor oggi di irradiare la forza e la potente energia di una religione viva e presente.
Scivoliamo come sospesi nell’aria da un monastero all’altro godendo di panorami a dir poco inimmaginabili. Difficile descrivere non solo quello che appare innanzi ai nostri occhi ma anche quello che riempie la mente, una sorta di profondo rispetto non solo per chi ha saputo erigere costruzioni su queste particolari rocce ma anche per coloro che hanno dedicato la propria vita a questi monumenti dell’irrazionalità. Iniziando a leggere scopriamo infatti che mentre oggi possiamo raggiungere il monastero salendo lungo scale scolpite nella pietra nei tempi passati l’unico modo per raggiungere la meta era arrampicarsi su scale di corda sospese, oppure attraverso una sorta di montacarichi con cui si provvedeva al rifornimento di cibo e beni necessari alla sopravvivenza delle comunità. Fu solo nel 1925 che furono scavati i gradini nella roccia che rendono molto più agevole l’accesso.
Tutto è unico e irripetibile in questo posto, anche le abitanti di uno dei monasteri che riusciamo a visitare: suore ortodosse che sinceramente – specie dopo aver visto il Trono di Spade – per il loro rigore un po’ d’apprensione ce l’hanno messa . All’entrata le donne che indossano pantaloni o gonne giudicate troppo corte vengono fornite di teli. Ma già, come genere femminile, dobbiamo ritenerci fortunate se questi meravigliosi complessi monastici possono essere visitati al contrario, ad esempio, del monte Athos dove alle donne è rigorosamente vietata l’entrata. La visita ai monasteri è istruttiva e anche affascinante, tra icone e antichi affreschi che compongono l’arredamento di questi edifici votati all’ascetismo e al culto del cristianesimo ortodosso.

Verso Igoumenitsa
Rientriamo al camping perché purtroppo il tempo sta per scadere. In serata siamo attesi ad Igoumenitsa da un traghetto che ci riporterà in Italia.
A ritroso si rientra attraverso la superstrada nelle bellissime visioni che anche la Grecia del nord sa offrire giù giù sino ad Igoumenitsa. Ultime ore di un viaggio illuminante. Ultimo tuffo in acqua nella bellissima spiaggia di Drepano, dove le acque calde del mar Jonio ci avvolgono per l’ultima volta. Un posticino veramente fantastico quello di Drepano beach, all’interno di una zona lagunare dove le acque azzurre e cristalline della Grecia risplendono di bellezza come mai ti aspetteresti in un posto dove solitamente ci si imbarca o si sbarca per proseguire poi verso il più famoso sud della penisola. Un’oasi selvaggia, cenetta a base di crostacei sul lungomare di Igoumenitsa, molto carino e pieno di turisti e, bye bye Hellas, alla prossima visita.
la leggenda dei Centauri
Pare che un giorno, invitati in Tessaglia durante il banchetto nuziale tra re Piritoo e Ippodamia (colei che doma i cavalli) in preda ai fumi dell’alcol, i centauri tentarono di stuprare la sposa e tutte le donne e, già che c’erano, i fanciulli presenti. La lotta senza quartiere ingaggiata fu cruenta e viene ricordata nella mitologia classica come centauromachia. Sconfitti dai Lapiti – pesantemente – i centauri sconfitti si ritirarono sulle montagne da dove erano discesi. La ricerca storica ci racconta un’altra verità, quella di uomini barbuti e selvaggi i quali vivevano in tale simbiosi con i loro cavalli, da sembrare una sola cosa con il proprio animale facendo nascere la leggenda degli uomini-cavallo.