Turchia in moto – Hattusa in partenza da Safranbolu
Si parte in mattinata da Safranbolu, finalmente in piega verso il cuore dell’Anatolia.
La D030 si allunga attraversando piccoli paesi dove le case mostrano orgogliosamente le caratteristiche strutture del periodo ottomano e cittadine dove i palazzoni nuovi di zecca si innalzano verso il cielo.
Ci allontaniamo così dal distretto di Arac immergendoci in un territorio che mostra oggi una Turchia in grande cambiamento. Numerosi sono i cantieri che si apprestano a dotare i paese di nuove strade, ponti, abitazioni, e questo, se da una parte pare uno sforzo ammirevole e immane, dall’altra rende il percorso poco interessante almeno per noi, viaggiatori alla ricerca di ben altri stimoli.
Più avanti, finalmente, ecco le foreste di abeti che prendono il sopravvento sul paesaggio mentre la strada inizia a salire. Man a mano il terreno circostante mostra la sua propensione al giallo, arso dal sole, inaridito dal caldo ma vivo. A tratti grandi appezzamenti di terreno coltivato dove la terra smossa dagli aratri risplende di un marrone scuro e corposo, ciuffi di verde, gli ultimi sopravvissuti ad un clima secco completano questi scenari dove il tempo sembra essersi arrestato.
Imbocchiamo la D775 direzione Asagidikmen che ci allontana sempre di più dalle brezze marine per introdurci dentro un paesaggio montuoso. Siamo entrati nei vastissimi altipiani che compongono l’Anatolia e finalmente le immagini, le letture, le suggestioni che abbiamo incamerato durante la preparazione a questo viaggio diventano reali.
Curve e tornanti salgono e scendono lontani dai centri urbani, alle foreste di conifere si alternano piccoli tratti di aree steppose e altre quasi desertiche .L’ Anatolia, o Anadolu che in turco (a sua volta ereditato dal greco antico) significa ‘sorgere del sole’, si apre al nostro passaggio mostrando la sua luminosa bellezza. I chilometri da percorrere oggi saranno tanti, qui le distanze raddoppiano ma, man a mano che proseguiamo, le visioni e le suggestioni ripagano l’impegno.
Turchia in moto – Hattusa. Immersi nel paesaggio
Oltrepassiamo Ismilik lungo la D180, e attraversiamo uno dei fiumi più lunghi della Turchia: il Kizilirmak,che anzi, a dire il vero, è proprio il più lungo. 1150 chilometri che dall’Anatolia orientale si gettano nel Mar Nero dopo essere stati trattenuti da dighe e laghi artificiali che consentono importanti fonti per la produzione di energia idroelettrica.
Abbandoniamo in seguito la D180 svoltando verso Ugurludag.
Lo spazio si apre davanti a noi mano a mano che penetriamo il territorio e, mentre la strada si allunga quasi all’infinito per salire e riscendere colline e montagne più o meno coperte di vegetazione, abbiamo come la sensazione di essere soli e liberi di proseguire, immersi nella natura, fino quasi a raggiungere il sole.
Difficile descrivere l’immensità ma la Turchia è anche questo, principalmente questo, con le sue distanze enormi che la rete fitta di ottime e veloci arterie stradali rende solo apparentemente più vicine.
Stiamo guidando da ore verso il cuore dell’impero ittita, là dove questo popolo decise di crescere e prosperare. E più ci addentriamo nel territorio più diventiamo consapevoli dei motivi che spinsero questi antichi popoli a trovare riparo e futuro in queste terre.
Il sole, che abita questi territori è caldo, avvolgente, amico dell’uomo e delle sue esigenze; l’acqua dei piccoli e grandi fiumi che percorrono questa terra è amica anch’essa; qui ancora oggi troviamo tutto l’occorrente che la natura può offrire per una felice esistenza, ed infatti ecco le estese piantagioni di grano e poi ancora gli alberi da frutto e ancora patate e tabacco. Mucche e pecore pascolano liberamente e in alcune zone troviamo anche allevamenti di montoni da lana per la lavorazione di bellissimi tappeti al cui desiderio è fatica resistere.
Sino a 20 anni fa la Turchia aveva un’economia basata principalmente su un’agricoltura povera di mezzi e di tecnologia, oggi attraversiamo aziende agricole moderne ma anche, purtroppo, grandi industrie di petrolio o di energia idroelettrica.
Al calar del sole raggiungiamo Bogazkale il paese che oggi ospita sito di Hattusa. Qui è il giallo il vero protagonista del territorio, un colore che ricopre tutto regalandoci insieme ad un tramonto estivo meraviglioso suggestioni che rimandano a paesaggi più a noi vicini come quelli toscani o marchigiani.
Regna il silenzio rotto solo dal rombo della nostra moto.
Hattusa ci attende a Bogazkale
Una delle civiltà più antiche del mondo, una delle più misteriose e suggestive, circondata da un’aurea quasi mistica e di mistero, Hattusa apre le sue porte in questo angolo quasi dimenticato dell’Anatolia.
Siamo soli, circondati da ampie vallate formate da piccole catene rocciose, un paesaggio quasi lunare. Soli come in ogni luogo turistico a fine stagione. I rari alberghi chiusi, luci spente, solo lo splendore di un tratto di mura della città ricostruito e la consapevolezza di essere in uno dei luoghi più importanti e meno conosciuti della nostra storia.
Poche lire (turche) per entrare e la possibilità di percorrere il sito in sella alla nostra moto. Gruppetti di operai e archeologi intenti a visionare ed organizzare nuovi scavi,oggi siamo praticamente soli e così possiamo lasciarci andare, colmi di meraviglia e di ammirato stupore, a tutto ciò che ci circonda.

Hattusa – il sito
All’improvviso si torna indietro nel tempo, tra il 2000 e il 1000
a.C., periodo nel quale questo grande popolo giunto dall’Asia centrale creò e consolidò il suo immenso impero che comprendeva gran parte della Turchia odierna, parte della Siria e dell’Iran. Un popolo civilissimo, dai gusti raffinati come scopriamo passeggiando o guidando lungo il sito sulla strada che ne costeggia le mura. E così ci ritroviamo all’improvviso estasiati a fotografare la Porta dei Leoni o, poco oltre, la Porta delle sfingi che consente l’accesso alla città attraverso un tunnel lungo 12 metri che passava sotto la cinta muraria. Sempre più rapiti ci blocchiamo di fronte alla Porta Reale che oggi regala solo il calco di un meraviglioso bassorilievo custodito ad Ankara.
Un museo a cielo aperto quello di Hattusa, inserito nel 1986 nella lista del patrimonio mondiale e ancora oggi luogo di importanti ritrovamenti che lentamente portano alla luce la vita di un popolo così lontano da noi da apparirci mitico e che, fino al momento di questi rinvenimenti, sembrava essere vissuto solo nelle leggende bibliche.
A 2 chilometri di distanza da Hattusa, a Yazilikaya, possiamo visitare un santuario rupestre che mostra i resti di pareti che riportano bassorilievi raffiguranti processioni di divinità della guerra e ritratti di re o altri dei. Possiamo quindi ammirare raffigurazioni di divinità che appartenevano all’affollato pantheon ittita vestite con lunghe tuniche con il capo ornato da tiare di forma conica. La scultura più impressionante è quella di Tudhaliyas IV, re e sacerdote, la cui figura incisa nella pietra raggiunge un’altezza quasi 3 metri. E noi qui, di fronte a lei.
Turchia in moto – Di nuovo on the road
Si lascia il sito accompagnati da una sensazione di appagamento e, nuovamente on the road, ci si appresta ad una nuova giornata di scoperte. Il viaggio riprende, la strada scorre nuovamente veloce sotto le nostre ruote, la mente rapita, la moto che ruggisce quasi di piacere per aver ritrovato il gusto della strada. La Turchia si sta rivelando una terra fantastica.